lunedì 2 maggio 2011

IMPRESSIONI....

Sono passate poche ore dalla Beatificazione di Giovanni Paolo II.
Non mi nascondo,tra mille perplessità anch'io ho partecipato alla commozione collettiva che ha scaturito l'evento.Sono nato nel 1987,ho da compiere 24 anni e fino ai 18 anni  per me il papa era Giovanni Paolo.Mi sembrava una roccia immortale.
Al di là di parlare delle critiche che gli sono giunte da più parti,preferisco esortare coloro i quali sono emotivamente coinvolti dalla sua figura a vivere come lui avrebbe chiesto e desiderato.
Mi auguro tanto che i milioni di fedeli radunatisi a San Pietro santifichino ogni festa cristiana.
Mi auguro che ogni tanto,tra le mille icone acquistate ,vi sia anche il SS Rosario che egli amava tanto recitare.
Mi auguro con tutto il cuore che tutti apprendano il valore della preghiera ,intensa e piena di amore.
 Innamorarsi di Giovanni Paolo II e omettere questi propositi ,che sono l'architrave della nostra fede,ci può solo relegare a fan di una star di Hollywood ,il cui messaggio termina con i titoli di coda.
Al contrario. Amare un Beato o un Santo significa prima di tutto amare le sue opere e il suo pensiero.
Don Bosco fu un grande pescatore di ragazzi che avvìo alla Santità(vd San Domenico Savio) e lo apprezziamo per il suo carisma giovanile; Lo stesso si deve fare con Giovanni Paolo II.
Dico questo affinchè Giovani Paolo II non rimanga per quei fedeli lì presenti una semplice figurina attaccata alla parete o una calamita sul frigo.Ma una testimonianza forte ,quotidiana,che possa essere un inizio o un sostegno alla fede.

Caro e fedele popolo iniziamo a pregare !

martedì 19 aprile 2011

UNA CANZONE PARTICOLARE

ANCHE I METALLICA POSSONO,CONSAPEVOLMENTE O NO, SFIORARE LA SANTA MISTICA DELLA FEDE. LE LORO PAROLE HANNO UN CARICO CONSAPEVOLE DI ENERGIA INTERIORE TUTTA ORIENTATA ALLO SPIRITO.QUI DI SEGUITO TESTO E TRADUZIONE.
SUCCESSIVAMENTE PUBBLICO UNA VERSIONE FATTA DAI GREGORIAN: CHE LA RENDE ANCOR PIU' PARTICOLARE..
DA ASCOLTARE.

NOTHING ELSE MATTERS
- Metallica -
So close no matter how far
Couldn't be much more from the heart
Forever trust in who we are
And nothing else matters
Never opened myself this way
Life is ours, we live it our way
All these words I don't just say
And nothing else matters
Trust I seek and I find in you
Every day for us something new
Open mind for a different view
And nothing else matters
Never care for what they do
Never care for what they know
But I know
So close no matter how far
Couldn't be much more from the heart
Forever trust in who we are
And nothing else matters
Never care for what they do
Never care for what they know
But I know
(Music)
Never opened myself this way
Life is ours, we live it our way
All these words I don't just say
And nothing else matters
Trust I seek and I find in you
Every day for us something new
Open mind for a different view
And nothing else matters
Never care for what they say
Never care for games they play
Never care for what they do
Never care for what they know
And I know
So close no matter how far
Couldn't be much more from the heart
Forever trust in who we are
No, nothing else matters
NIENT'ALTRO HA IMPORTANZA
- Traduzione di Nausicaa -
Così vicino non importa quanto lontano
Non può essere troppo lontano dal cuore
Abbi sempre fiducia in chi siamo
E nient'altro ha importanza
Non mi sono mai aperto così
La vita è nostra, e la viviamo a modo nostro
Tutte queste parole che non dico
E nient'altro ha importanza
Cerco fiducia e la trovo in te
Ogni giorno per noi qualcosa di nuovo
Apri la mente ad un nuovo punto di vista
E nient'altro ha importanza
Fregatene di ciò che fanno
Fregatene di ciò che sanno
Ma io lo so
Così vicino non importa quanto lontano
Non può essere troppo lontano dal cuore
Abbi sempre fiducia in chi siamo
E nient'altro ha importanza
Fregatene di ciò che fanno
Fregatene di ciò che sanno
Ma io lo so
(Musica)
Non mi sono mai aperto così
La vita è nostra, e la viviamo a modo nostro
Tutte queste parole che non dico
E nient'altro ha importanza
Cerco fiducia e la trovo in te
Ogni giorno per noi qualcosa di nuovo
Apri la mente ad un nuovo punto di vista
E nient'altro ha importanza
Fregatene di ciò che dicono
Fregatene dei loro giochetti
Fregatene di ciò che fanno
Fregatene di ciò che sanno
E io lo so
Così vicino non importa quanto lontano
Non può essere troppo lontano dal cuore
Abbi sempre fiducia in chi siamo
No, nient'altro ha importanza


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sabato 16 aprile 2011

YOUCAT.PER UNA NUOVA EVANGELIZZAZIONE!

 Rido.Non riesco a prendere seriamente la notizia del nuovo "catechismo per i giovani" .
YOUCAT,che sta per "youth catechism" è il nuovo catechismo per i giovani over 14 e under 20 che spopolerà tra i giovani a Madrid in Agosto.
Eggià i giovani sono una categoria a parte ,hanno bisogno di catechismi ad hoc perchè potrebbero non capire il catechismo vero,che dunque diventa per adulti.Io avendo 23 anni appartengo quindi alla classe dei maturi,di quelli che capisce e che quasi per magia ha gli strumenti per capire meglio.
Al di là di tutte le considerazioni di merito legate ai contenuti che potrebbero far da sole capire la deriva protestante della Chiesa,tengo a precisare che non voglio screditare nè il Catechismo,che è una cosa serissima ,nè la buona volontà di chi in buona fede ha avuto questa idea.
Voglio commentare e argomentare la mia esperienza personalissima che può far capire di più in merito alla giusta evangelizzazione.
Io sono stato per circa 16 un "cattolico teorico" e "ateo pratico".Rare le messe e pochi i pentimenti.Dai 16 anni ai 22 un cattolico migliore,ma a fasi alterne con vuoti di fede enormi.Trasgressioni,peccati e cattiverie erano il mio pane quotidiano ma conditi di momenti di lucidità e pentimenti.Da circa un anno o più vivo una letterale conversione alla vita cattolica.Bene.
Questo ,ed entro in tema,non è mai stato aiutato da sacerdoti "new style" o meglio non era il loro spirito moderno che ha fatto breccia su di me .Anzi .
Il contrario.L'idea di ricevere in dono una conoscenza trasmessa dai secoli ,quindi la Tradizione e una forte spinta interiore a incontrare Dio, mi hanno permesso nel pieno silenzio e attraverso lo Spirito Santo di iniziare un vivo percorso di fede.I mille tamburelli in chiesa,le schitarrate in compagnia e le confessioni soft,hanno soltanto sollevato dubbi e perplessità su chi li propinava.Poi fin da bambino mi chiedevo perchè il sacerdote potesse dare le spalle al Santissimo e noi invece no.Sorvolo.Non voglio andare fuori tema.Ma dico ciò per riflettere su quanto il cambiamento liturgico,dottrinale e anche morale della Chiesa non porta assolutamente a nulla se non a un inquinamento della verità.Per cartità!Youcat potrà finalmente spiegare meglio concetti più difficili e sicuramente riempirà le messe di giovani;i quali senza youcat non avrebbero mai potuto ravvivare la fede.Certo.Perchè allora io a 22 anni mi sono svegliato dal letargo?Eppure non avevo nessuna versione edulcorata del catechismo.Solo il cervello e un buon sacerdote.Questo è il punto.Quello che non vogliono capire è che ci vuole un santo esercito di militanti cattolici veri.Con il cuore ardente di fede.Con la testa piena di risposte.Con il fegato di andare incontro ai ragazzi e sfidarli laddove loro non vogliono farsi beccare.Dove ci sono i punti fragili e i gangli nevralgici del peccato. I ragazzi di oggi sono anche molto banali:attaccano la Chiesa,il Clero e il Santo Padre per un meccanismo psicologico di autodifesa per cui"se loro commettono peccati(presunti) io  posso fare ciò che voglio" .Il Clero al posto di scrivere YOUCAT di turno dovrebbe addestrare meglio i suoi sacerdoti,coltivare uno ad uno le anime più fragili.Invece che cosa fanno? scrivono sempre le stesse cose sulla libertà religiosa .Basta !vogliamo dei santi! santi che sappiano insegnarci a sfuggire le "occasioni prossime di peccato";che ci sappiano condurre nella giusta e santa vita cristiana,che sappia capire che siamo in un mondo che vive di sesso di soldi e di potere.Non è difficile far capire lo squallore in cui imperversa ilmondo ma  sembra che non vogliano più insegnare nulla,non vogliono più indicarci dov'è la salvezza; Amici! nessuna Y saprà far breccia nel cuore di un ragazzo ma sempre e solo il volto sofferente di Nostro Signore Gesù Cristo.Nessun catechismo del 2000 varrà di più del Vangelo e nessuna nuova teoria strampalata varrà più dell'insegnamento di Gesù .

Preghiamo per il Santo Padre,Sempre!.

lunedì 11 aprile 2011

DOVE INIZIA LA FEDE.

Più volte mi sono chiesto da dove inziasse il percorso che porta a vivere la fede e più in generale a credere in Dio.E' un persorso lungo splendidamente articolato e pieno di vita.Ma cosa da al nostro cuore quella meravigliosa quanto profonda fede?
La vita di Gesù Cristo è la grande Rivelazione di Dio in terra.Il messaggio eterno di Dio.La vita eterna.La salvezza.Non esiste la fede senza la piena convinzione della santità di Cristo e della sua missione di Salvatore.
Da pochi versi del vangelo ci si accorge dell'immensità della sua opera divina.Da poche parole si vede il carattere etrno dei concetti e delle sue parole.Ma il cuore dell'uomo è duro come un sasso.Da 2000 anni ha accanto la via da seguire,il battistrada, il Messia.Ma pensa che non esista e che sia solo per chi va in chiesa a pregare.Ninete di più sbagliato.Gesù è venuto per tutti!per tutti noi peccatori.
Egli è stato giudicato al grido "Crucifige!crucifige! " e gli fu preferito Barabba,il ladro.Fu così che iniziò il viaggio per la sua morte.Egli morì e dopo 3 giorni è risuscitato al cielo.Capendo questo mistero profondo si apre il cuore a Cristo e alla sua Chiesa.

Pater noster qui es in caelis
sanctificetur nomen tuum
adveniat regnum tuum
fiat voluntas tua sicut in caelo et in terra.
Panem nostrum cotidianum da nobis hodie
et dimitte nobis debita nostra
sicut et nos dimittimus debitoribus nostris
et ne nos inducas in tentationem
sed libera nos a malo .  
Amen

 Eterno ringraziamento a Nostro Signore Gesù Cristo .
KYRIE ELEISON.
CANTO GREGORIANO : IL PIU' SPLENDIDO ESEMPIO DI PREGHIERA CANTATA .

domenica 10 aprile 2011

luciana littizzetto

Una donna arrogantella.Crede di poter giudicare e padroneggiare il mondo in tv.Ritiene di essere la vera custode della verità per se e per gli altri.Ma la sua aureola di simpatica teatrante l'altra sera sarebbe definitivamente tramontata ,se tutti sapessero ciò che realmente falsifica.

Venerdì 1° aprile, e cioè in tempi non sospetti, e prima dell'uscita di Luciana Littizzetto a "Che tempo che fa", il segretario della Cei, mons. Crociata aveva annunciato che la Chiesa italiana mette a disposizione 2.500 posti in 93 diocesi per l'accoglienza degli immigrati.200 nella diocesi di Agrigento ,il resto in tutta Italia.Luciana invece con la sua comicità cercò di far credere che la Chiesa non fa nulla per gli altri ,vive nei suoi palazzi disinteressandosi del popolo .Insomma una Chiesa che non esiste.E' diffamazione.Ma si sa le trame dell'anticlericalismo si esprimono anche nei teatri e nelle battute.

giovedì 7 aprile 2011

intervento del prof De mattei tratto dal quotidiano "il foglio"

Fondato da Cristo: replica di uno storico a Gennari sul gran tema del celibato sacerdotale PDF Stampa E-mail
 
Giovedì 07 Aprile 2011 07:39
(Roberto de Mattei su "Il Foglio" del 07/04/2011) Gianni Gennari, collaboratore regolare del quotidiano dei vescovi “Avvenire”, ha affrontato, su “Il Foglio” del 2 aprile, il tema forte del celibato ecclesiastico, riproponendone (non è la prima volta) la modifica o l’abolizione.

La tesi di Gennari è che la legge sul celibato dei preti non risale a Gesù Cristo e non è materia di fede, e perciò non può considerarsi intoccabile. Insorgendo contro un recente articolo del cardinale Mauro Piacenza, apparso in prima pagina sul ’”Osservatore Romano” (Questione di radicalità evangelica, , 23 marzo 2011), il corsivista di “Avvenire” arriva a definire la difesa del celibato fatta dal card. Piacenza come “dottrinalmente infondata”, “sottilmente violenta” e, addirittura, offensiva di “duemila anni di storia della Chiesa cattolica”. Ma ciò che ancor più lo irrita è il cambiamento in materia del cardinale Ratzinger che, nel 1970 condivise un manifesto teologico che chiedeva di ripensare il legame tra sacerdozio e celibato, mentre oggi, come Benedetto XVI, ribadisce che il celibato ecclesiastico deve essere considerato un “valore sacro” per i sacerdoti di rito latino.

Gennari conclude il suo articolo auspicando che di fronte a nuove situazioni e nuove urgenze, “il Papa possa tornare a certe convinzioni manifestate apertamente dal teologo”, anche perché ormai “esistono le condizioni per una prudente prassi diversa” e “nelle opinioni e nelle decisioni dei Papi possono verificarsi veri cambiamenti”. Gennari tiene infine a sottolineare che la sua richiesta del matrimonio dei preti è ben distinta da quella dell’ordinazione sacerdotale delle donne, sulla quale c’è stata anche di recente “la riaffermazione della prassi contraria, legata al fatto che la coscienza della Chiesa, interpretata al livello della massima autorità, non è tale da permettere di superare la disciplina attuale fondata sull’esempio di Cristo stesso e di duemila anni di storia continua”.

E’ da qui che occorre partire: dall’idea di Gennari secondo cui nella Chiesa verità e leggi possano evolvere secondo l’esperienza religiosa (prassi) del popolo cristiano. A questa concezione evoluzionistica si oppone la dottrina della Chiesa, secondo cui esiste un depositum fidei, contenuto nella Tradizione cattolica, che la Chiesa può esplicitare, ma mai innovare. Gesù infatti non mise per scritto il suo insegnamento, ma lo affidò alla sua Parola, che poi trasmise agli Apostoli perché la diffondessero ad ogni angolo della terra. Il deposito della Fede fu conservato soprattutto nella Tradizione orale della Chiesa, che precedette le Sacre Scritture e contiene elementi che nelle Scritture non risultano. Il fatto che il Papa sia vescovo di Roma o che sette siano i Sacramenti non discende, ad esempio dalla Scrittura, ma dalla Tradizione, che è infallibilmente assistita dallo Spirito Santo. La questione che allora si pone è se la legge del celibato ecclesiastico, oltre ad essere una plurisecolare prassi ecclesiastica, discenda o no dalla Tradizione divino-apostolica della Chiesa.

Soccorrono su questo punto alcuni importanti studi sull’origine del celibato ecclesiastico. Il primo, più volte ristampato dalla Libreria Editrice Vaticana, è il saggio del cardinale Alfons Maria Stickler, Il celibato ecclesiastico. La sua storia e i suoi fondamenti teologici; il secondo, meno noto, ma non meno importante, è quello del padre Christian Cochini, appena tradotto in lingua italiana dalla casa editrice Nova Millennium Romae, con il titolo Origini apostoliche del celibato sacerdotale. Tali opere ribaltano la vecchia tesi del padre Franz Xaver Funck, un gesuita aperto alle suggestioni del modernismo, che agli inizi del Novecento, riteneva di confutare il grande orientalista Gustav Bickell. Mentre Bickell sosteneva il fondamento divino-apostolico della legge del celibato, Funck la considerava una prassi ecclesiastica emersa non prima del IV secolo, ovvero una legge di carattere storico (e perciò riformabile). Cochini dimostra che Funck non fece buon uso del metodo storico-critico, prendendo per buono un documento spurio in cui il vescovo-monaco Pafnuzio, nel corso del Concilio di Nicea (325) avrebbe contestato aspramente la continenza per i preti sposati. Oggi è provato che tale testo fu elaborato probabilmente all’interno della setta dei Novaziani. Stickler, da parte sua, sottolinea l’errore ermeneutico di chi, sulla scia di Funck, ha confuso i concetti di ius (diritto) e di lex (legge).

Il fatto che prima del IV secolo mancasse una legge scritta, non significa che non esistesse una norma giuridica obbligatoria che imponesse la continenza del clero. Quando Papa Siricio, negli anni 385-386, con le decretali “Directa” e “Cum in unum”, formalizzò per la prima volta una disciplina per chierici, stabilendo che vescovi, sacerdoti e diaconi erano tenuti, senza eccezioni, a vivere permanentemente nella continenza, egli non introdusse una nuova dottrina, ma codificò una Tradizione, vissuta nella Chiesa fin dalle origini. Il progresso teologico consiste proprio in questo: nello sviluppo della conoscenza di un precetto tradizionale, in questo caso il celibato ecclesiastico, che può meglio essere spiegato in estensione, chiarezza e certezza. A ciò conducono le edizioni critiche e i nuovi documenti di lavoro sui primi secoli di cui oggi dispongono gli studiosi.

L’unico argomento che viene addotto da Gennari contro questa tesi ruota attorno ad un sofisma sempre confutato e sempre ripetuto: il fatto cioè, in apparente contraddizione con la tradizione apostolica, che a partire dagli Apostoli stessi, i primi cristiani fossero sposati. Ciò che è in questione però non è l’ordinazione di uomini sposati nei primi secoli del cristianesimo. Sappiamo che ciò era cosa normale, se san Paolo prescrive ai suoi discepoli Tito e Timoteo che i candidati al sacerdozio dovevano essere stati sposati solo una volta (1 Tm 3,2; 3, 12). La questione centrale è quella della continenza da ogni uso del matrimonio, dopo l’ordinazione sacerdotale. Non bisogna confondere infatti lo stato di matrimonio con l’uso dello stesso. Il matrimonio è un’istituzione di carattere giuridico morale, elevata dalla Chiesa a sacramento, il cui fine è la propagazione del genere umano. L’uso del matrimonio è invece l’unione fisica di due sposi, diretta alla generazione. A questo diritto, si può liberamente rinunciare, pur rimanendo sposati. E’ quanto facevano i primi cristiani i quali, pur rimanendo giuridicamente sposati, decidevano di non usare del matrimonio, cioè di vivere da celibi all’interno dello stato matrimoniale. La parola celibe, in questo senso, non indica uno status, ma la scelta di astenersi per sempre dai piaceri sessuali. Nei primi secoli fu riconosciuto al clero la possibilità di vivere nello stato matrimoniale, ma non il diritto di usare del matrimonio. Ciò che fu dall’inizio obbligatorio, non fu lo stato di celibe, ma la continenza, ovvero l’astensione dall’atto generativo.

Nei primi secoli della Chiesa, l’accesso agli ordini sacri era aperto agli sposati, a condizione che essi, col consenso della moglie, rinunciassero all’uso del matrimonio e praticassero una vita di continenza. La prescrizione apostolica della continenza ebbe il suo logico sviluppo nelle leggi che imposero progressivamente ai sacerdoti lo stato celibatario. La lunga serie degli interventi papali ebbe il suo coronamento nel Concilio Lateranense I, convocato da Callisto II (1123), nel quale fu promulgata la legge non solo della proibizione, ma della invalidità del matrimonio per chi aveva ricevuto gli ordini sacri. Nel primo millennio, le chiese orientali non conobbero questo sviluppo dogmatico-disciplinare e rimasero come eccezione alla regola latina. In seguito, nelle chiese orientali scismatiche, l'antica disciplina celibataria si allargò sempre di più, mentre la maggior parte delle Chiese orientali rimaste unite o ritornate all'unione con Roma, ha finito per accettare la disciplina dell'Occidente, anche se per alcuni cattolici, come i Maroniti e gli Armeni, Roma tollera che seguano l'antico costume greco: il fatto stesso però che, in Oriente, i sacerdoti non possono sposarsi dopo l’ordinazione e soltanto i sacerdoti celibi sono ordinati vescovi, significa che l’uso del matrimonio per chi lo avesse contratto precedentemente alla ordinazione, è una pratica tollerata, ma non certo posta a modello. 

Del resto, gli attacchi al celibato accompagnano da sempre la storia della Chiesa Nel 1941, ad esempio, fu messo all’Indice un libro curato dal teologo protestante Hermann Mulert, Der Katholizismus der Zukunft (Lipsia 1940), in cui si reclamava, come chiede Gennari, la possibilità di inserire il celibato ecclesiastico come facoltativo. Ma non c’è da illudersi su questo punto: se cade la legge del celibato, cade con essa il sacerdozio celibatario e si apre la strada all’istituzionalizzazione del matrimonio ecclesiastico. Né serve ripetere che la castità è impossibile, visto che il Concilio di Trento ha condannato chi lo afferma (sess. XXIX, can- 9).

E’ vero però che ad una vita di perfetta continenza l’uomo non può giungere con le sole sue forze, ragione per cui Dio non l’ha comandato, ma solo consigliato. Chi liberamente sceglie di seguire questo consiglio evangelico, trova non in sé stesso, ma in Dio, la forza per essere coerente con la propria scelta. Il celibato resta, certo, un sacrificio e questo, ha osservato il padre Cornelio Fabro, “sta o cade con il carattere della Chiesa cattolica come l’unica vera Chiesa di Gesù Cristo”. Il prete cattolico, infatti, può e vuole sacrificarsi soltanto per una causa assoluta. Ma oggi l’unicità della Chiesa romana come vera Chiesa è messa in discussione e il concetto di sacrificio è abbandonato, in nome della ricerca del piacere ad ogni costo. La vocazione sacerdotale esige inoltre la donazione totale e l’esclusivo orientamento di ogni preoccupazione a Dio e alle anime, il che è incompatibile con la divisione del cuore che è propria a chi è preso dalle cure familiari.

Giovanni Paolo II, nell’Esortazione apostolica Pastores dabo vobis, ha affermato che la volontà della Chiesa trova la sua ultima motivazione “nel legame che il celibato ha con l’ordinazione sacra, che configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa” (n. 29). Sviluppando il Magistero pontificio, nei suoi articoli sull’“Osservatore Romano” e nel suo recente volume Il sigillo. Cristo fonte dell’identita del prete (Cantagalli Siena 2010), il cardinale Piacenza ribadisce che la radice teologica del celibato è da rintracciare nella nuova identità che viene donata a colui che è insignito del Sacramento dell’Ordine. Il problema di fondo è dunque quel ruolo del sacerdote nella società postmoderna che il nuovo Prefetto della Congregazione per il Clero rilancia con forza. La richiesta dell’abolizione del celibato si inserisce in un contesto di secolarizzazione considerato irreversibile, malgrado le lezioni in senso contrario della storia.

Secolarizzazione significa perdita del concetto di sacro e di sacrificio e assunzione della “mondanità” come valore, Ma la modernizzazione della Chiesa ha portato oggi alla sua “sessualizzazione”. La purezza però è una virtù che spinge chi la pratica verso il cielo, mentre la sessualità inchioda le tendenze umane alla terra. Molti sacerdoti reclamano il piacere come un diritto e, se non lo ottengono ufficialmente, lo esercitano nella semi-clandestinità, talvolta sotto gli occhi benevolmente complici dei loro vescovi. Il cammino è esattamente contrario a quello percorso dai primi cristiani. Allora accadeva che gli uomini sposati scegliessero di abbracciare, con il sacerdozio, una vita di assoluta castità. Oggi succede che sacerdoti che hanno consacrato la loro vita al Signore reclamino di poter godere dei piaceri del mondo. Ciò non è nuovo nella Chiesa, che ha vissuto come una piaga il concubinato dei preti, cioè il fatto che essi vivessero abitualmente more uxorio, come accadeva quando san Pier Damiani scrisse l’infuocato Liber Ghomorranus.

La via da seguire, ancora oggi, è quella, indicata da Benedetto XVI, di una profonda riforma morale, analoga alla rinascita gregoriana dell’XI secolo. E se si volessero riassumere le ragioni in difesa del celibato dei preti, diremmo in primo luogo che non si tratta di una legge ecclesiastica, ma della volontà stessa di Cristo, trasmessa attraverso gli apostoli alla Chiesa; in secondo luogo che il mondo ha bisogno di sacerdoti i quali non assecondino la loro pur sofferta umanità, ma la vincano, rispecchiando Cristo e ponendosi come modello e guida alle anime, oggi più che mai assetate di assoluto.
Roberto de Mattei

mercoledì 6 aprile 2011

totale solidarietà all'Egregio Professor De mattei.

Desidero esprimere la più ferma vicinanza al Professor De Mattei.
L'egregio professore è infatti da qualche giorno, oggetto della più vile e traffichina propaganda atea e giacobina.Non era una nuova pratica offensiva ,ma una ben collaudata tecnica diffamatrice che,oggi,sotto nuove spoglie ,mira ,con nuovi personaggi,sigle e sponsor ad attaccare il cattolicesimo in virtù del solito laicismo . In un primo momento viene attaccato per le dichiarazioni tratte dal libro di Mons .Mazzella in riferimento al terremoto di Messina.Oggi viene attaccato per presunti spunti omofobi .Il punto non è nel merito delle frasi dette,anche se ,con un pò di pazienza,basterebbe leggerle per capire che il fine attribuitogli è solo opera della più becera malizia e non del cuore di un sincero uomo che si interroga e ascolta delle risposte. Il punto nevralgico su cui verte il mio intervento è questo:il silenzio-assenso dei prelati.Non trovo nessuno che cerca di difenderlo.La chiesa non può stare in silenzio di fronte a questo scempio.Sono stanco dei silenzi dei prelati traffichini che preferiscono fare bella figura di fronte al laicismo e nascondere la propria fede e la propria identità. Che cosa è un sacerdote se non un eterno servo di Dio?e cosa è se non un uomo imperneato in una visione sub specie aeternitatis della vita ,disposto a tutto, anche di morire ,per Dio e per Gesù Cristo Nostro Signore?Quando un cattolico fa una dichiarazione pubblica,la chiesa ha il dovere di dire ciò che la Tradizione della chiesa suggerisce !sia per chiarire eventuali sbavature ,che possono esserci in ognuno,sia per aggiungere riflessioni ,spunti,che in questo caso avrebbero giovato molto per rilanciare un serio dibattitto sulla Divina Povvidenza.Basta con questo monotono ecumenismo.Gesù non è venuto a dialogare con le altre fedi ,è venuto a salvarci!Io domando.Muoriamo per caso? vorrei che i Monsignori mi rispondessero!e che seocndo il Magistero della chiesa mi insegnassero a capire e a credere.Vorrei che questo Corpo Mistico fosse pieno di fede e sfidi le epoche anzichè trincerarsi in un penoso silenzio.Dov'è il coraggio!  Gesù stesso al tempio mai si vergognò,mai cedette,mai stette zitto. E' quella la lezione che Gesù ci impartisce,ovvero di non aver paura.Vorrei una Chiesa Santa che impartisce al mondo la verità con la sua testimonianza.Dov'è il bimillenario insegnamento della Chiesa. Questo non vuole essere un intervento demolitorio,nè tantomeno offensivo,ma uno spontaneo sussulto a difesa di un cattolico che in questo momento riceve attacchi da tutte le parti.

contro la massoneria

HUMANUM GENUS contro la massoneria


HUMANUM GENUS
LETTERA ENCICLICA
AI VENERABILI FRATELLI PATRIARCHI
PRIMATI ARCIVESCOVI VESCOVI
E AGLI ALTRI ORDINARI
AVENTI CON L’APOSTOLICA SEDE
PACE E COMUNIONE.
"CONDANNA DEL RELATIVISMO FILOSOFICO
E MORALE DELLA MASSONERIA"

VENERABILI FRATELLI
SALUTE E APOSTOLICA BENEDIZIONE
Il genere umano, dopo che "per l'invidia di Lucifero" si ribellò sventuratamente a Dio creatore e largitore de' doni soprannaturali, si divise come in due campi diversi e nemici tra loro; l'uno dei quali combatte senza posa per il trionfo della verità e del bene, l'altro per il trionfo del male e dell'errore. Il primo è il regno di Dio sulla terra, cioè la vera Chiesa di Gesù Cristo; e chi vuole appartenervi con sincero affetto e come conviene a salute, deve servire con tutta la mente e con tutto il cuore a Dio e all'Unigenito Figlio di Lui. Il secondo è il regno di Satana, e sudditi ne sono quanti, seguendo i funesti esempi del loro capo e dei comuni progenitori, ricusano di obbedire all'eterna e divina legge, e molte cose imprendono senza curarsi di Dio, molte contro Dio. Questi due regni, simili a due città che con leggi opposte vanno ad opposti fini, con grande acume di mente vide e descrisse Agostino, e risali al principio generatore di entrambi con queste brevi e profonde parole: "Due città nacquero da due amori; la terrena dall'amore di sé fino al disprezzo di Dio, la celeste dall'amore di Dio fino al disprezzo di sé (De Civit. Dei, lib. XIV, c. 17).
In tutta la lunga serie dei secoli queste due città pugnarono l'una contro l'altra con armi e combattimenti vari, benché non sempre con l'ardore e l'impeto stesso. Ma ai tempi nostri i partigiani della città malvagia, ispirati e aiutati da quella società, che larga mente diffusa e fortemente congegnata prende il nome di Società Massonica, pare che tutti cospirino insieme, e tentino le ultime prove. Imperocché senza più dissimulare i loro disegni, insorgono con estrema audacia contro la sovranità di Dio; lavorano pubblicamente e a viso aperto a rovina della Santa Chiesa, con proponimento di spogliare affatto, se fosse possibile, i popoli cristiani dei benefizi recati al mondo da Gesù Cristo nostro Salvatore.
Gemendo su questi mali, spesso, incalzati dalla carità, Noi siam costretti a gridare a Dio: "Ecco, i nemici tuoi menano gran rumore e quei che t'odiano hanno alzato la testa. Hanno formato malvagi disegni contro i tuoi santi. Hanno detto: venite, e cancelliamoli dai numero delle nazioni" (Psalm. XXXII, 2-5).
In sì grave rischio, in sì fiera ed accanita guerra al Cristianesimo, è dover Nostro mostrare il pericolo, additare i nemici, e resistere quanto possiamo ai disegni ed alle arti loro, affinché non vadano eternamente perdute le anime che Ci furono affidate, e il regno di Gesù Cristo, commesso alla Nostra tutela, non solo stia e conservisi intero, ma per nuovi e continui acquisti si dilati in ogni parte della terra.
Chi fosse e a che mirasse questo capitale nemico, che usciva fuori dai covi di tenebrose congiure, lo compresero tosto i Romani Pontefici Nostri Antecessori, vigili scolte a salute del popolo cristiano; e antivenendo col pensiero l'avvenire, dato quasi il segnale, ammonirono Principi e popoli non si lasciassero ingannare alle astuzie e trame insidiose. Diede il primo avviso del pericolo Clemente XII (Cost. In eminenti, 24 Aprile 1738); e la Costituzione di lui fu confermata e rinnovata da Benedetto XIV (Cost. Providas, 18 maggio 1751). Ne seguì le orme Pio VII (Cost. Ecclesiam a Jesu Christo, 13 Settembre 1821); poi Leone XII con l'Apostolica Costituzione Quo graviora (Cost. in. data del 23 Marzo 1825), abbracciando in questo punto gli atti e i decreti de' suoi Antecessori, li ratificò e suggellò con irrevocabile sanzione. Nel senso medesimo parlarono Pio VIII (Encicl. Traditi, 31 Maggio 1829), Gregorio XVI (Encicl. Mirari, 15 Agosto 1832) e più volte Pio IX (Encicl. Qui pluribus, 9 Novembre 1846. Alloc. Multiplices inter, 25 Settembre 1865, ecc.).
Imperocché da fatti giuridicamente accertati, da formali processi, da statuti, riti, giornali massonici pubblicati per le stampe, oltre alle non rare deposizioni dei complici stessi, essendosi venuto a chiaramente conoscere lo scopo e la natura della setta massonica, quest'Apostolica Sede alzò la voce, e denunziò al mondo, la setta dei Massoni, sorta contro ogni diritto umano e divino, essere non men funesta al Cristianesimo che allo Stato, e fece divieto di darvi il nome sotto le maggiori pene, onde la Chiesa suol punire i colpevoli. Di che irritati i settari e credendo di poter, parte col disprezzo, parte con calunniose menzogne sfuggire o scemare la forza di tali sentenze, accusarono d'ingiustizia o di esagerazione i Papi, che le avevano pronunziate.
In questo modo cercarono di eludere la autorità ed il peso delle Costituzioni Apostoliche di Clemente XII, di Benedetto XIV, e similmente di Pio VII, e di Pio IX. Nondimeno tra i Frammassoni medesimi ve ne ebbe alcuni i quali riconobbero loro malgrado, che quelle sentenze dei Romani Pontefici, ragguagliate alla dottrina e alla disciplina cattolica, erano altamente giuste. E ai Pontefici si unirono non pochi Principi ed uomini di Stato, i quali ebbero cura o di denunziare all'Apostolica Sede le Società Massoniche, o di proscriverle essi stessi con leggi speciali nei loro domini, come fu fatto nell'Olanda, nell'Austria, nella Svizzera, nella Spagna, nella Baviera, nella Savoia ed in altre parti d'Italia.
Ma la saggezza dei Nostri Predecessori ebbe, ciò che più conta, piena giustificazione dagli avvenimenti. Imperocché le provvide e paterne loro cure, o fosse l'astuzia e l'ipocrisia dei settari, ovvero la sconsigliata leggerezza di chi pure aveva ogni interesse di tener gli occhi aperti, non avendo né sempre né per tutto sortito l'esito desiderato, nel giro d'un secolo e mezzo la società Massonica si propagò con incredibile celerità; e traforandosi per via di audacia e d'inganni in tutti gli ordini civili, incominciò ad essere potente in modo da parer quasi padrona degli Stati.
Da sì celere e tremenda propagazione ne sono seguiti a danno della Chiesa, della potestà civile, della pubblica salute, quei rovinosi effetti, che i Nostri Antecessori gran tempo innanzi avevano preveduti. Imperocché siamo ormai giunti a tale estremo da dover tremare pei le future sorti non già della Chiesa, edificata su fondamento non possibile ad abbattersi da forza umana, ma di quegli Stati, dove la setta di cui parliamo o le altre affini a quella e sue ministre e satelliti, possono tanto.
Per queste ragioni, appena eletti a governare la Chiesa, vedemmo e sentimmo vivamente nell'animo la necessità di opporCi, quanto fosse possibile, con la Nostra autorità a male si grande. E colta bene spesso opportuna occasione, venimmo svolgendo or l'una or l'altra di quelle capitali dottrine, in cui il veleno degli errori massonici pareva che fosse più intimamente penetrato. Così con la Lettera Enciclica "Quod Apostolici muneris", sfolgorammo i mostruosi errori dei Socialisti e Comunisti: con l'altra "Arcanum" prendemmo a spiegare e difendere il vero e genuino concetto della famiglia, che ha l'origine e sorgente sua nel matrimonio: con quella che incomincia "Diuturnum" ritraemmo l'idea del potere politico, esemplata ai principi dell'Evangelo, e mirabilmente consentanea alla natura delle cose e al bene dei popoli e dei sovrani.
Ora poi, ad esempio dei Nostri Predecessori, Ci siam risoluti di prender direttamente di mira la stessa società Massonica nel complesso delle sue dottrine, dei suoi disegni, delle sue tendenze, delle sue opere, affinché, meglio conosciutane la malefica natura, ne sia schivato più cautamente il contagio.
Varie sono le sètte che, sebbene differenti di nome, di rito, di forma, d'origine, essendo per uguaglianza di proposito e per affinità de' sommi principi strettamente collegate fra loro, convengono in sostanza con la setta dei Frammassoni, quasi centro comune, da cui muovono tutte e a cui tutte ritornano. Le quali, sebbene ora facciano sembianza di non voler nascondersi, e tengano alla luce del sole e sotto gli occhi dei cittadini le loro adunanze, e stampino effemeridi proprie, ciò nondimeno, chi guardi più addentro, ritengono il vero carattere di società segrete.
Imperocché la legge del segreto vi domina e molte sono le cose, che per inviolabile statuto debbonsi gelosamente tener celate, non solo agli estranei, ma ai più dei loro adepti: come, ad esempio, gli ultimi e veri loro intendimenti; i capi supremi e più influenti; certe conventicole più intime e segrete; le risoluzioni prese, e il modo ed i mezzi da eseguirle. A questo mira quel divario di diritti, cariche, offici tra' soci; quella gerarchica distinzione di classi e di gradi, e la rigorosa disciplina che li governa.
Il candidato deve promettere, anzi, d'ordinario, giurare espressamente di non rivelar giammai e a nessun patto gli affiliati, i contrassegni, le dottrine della setta. Così, sotto mentite sembianze e con l'arte d'una continua simulazione, i Frammassoni studiansi a tutto potere di restare nascosti, e di non aver testimoni altro che i loro. Cercano destramente sotterfugi, pigliando sembianze accademiche e scientifiche: hanno sempre in bocca lo zelo della civiltà, l'amore della povera plebe: essere unico intento loro migliorare le condizioni del popolo, e i beni del civile consorzio accomunare il più ch'è possibile a molti. Le quali intenzioni, quando fossero vere, non sono che una parte dei loro disegni.
Debbono inoltre gli iscritti promettere ai loro capi e maestri cieca ed assoluta obbedienza: che ad un minimo cenno, ad un semplice motto, n'eseguiranno gli ordini; pronti, ove manchino, ad ogni più grave pena, e perfino alla morte. E di fatti non è caso raro, che atroci vendette piombino su chi sia creduto reo di aver tradito il segreto, o disubbidito al comando, e ciò con tanta audacia e destrezza, che spesso il sicario sfugge alle ricerche ed ai colpi della giustizia.
Or bene questo continuo infingersi, e voler rimanere nascosto: questo legar tenacemente gli uomini, come vili mancipii, all'altrui volontà per uno scopo da essi mal conosciuto: e abusarne come di ciechi strumenti ad ogni impresa, per malvagia che sia: armarne la destra micidiale, procacciando al delitto la impunità, sono eccessi che ripugnano altamente alla natura. La ragione adunque evidentemente condanna le sètte Massoniche e le convince nemiche della giustizia e della naturale onestà.
Tanto più che altre e ben luminose prove ci sono della sua rea natura. Per quanto infatti sia grande negli uomini l'arte di fingere e l'uso di mentire, egli è impossibile che la causa non si manifesti in qualche modo pe' suoi effetti. "Non può un albero buono dar frutti cattivi, né un albero cattivo frutti buoni" (Matth. VII, 18). Ora della Massonica sètta esiziali ed acerbissimi sono i frutti. Imperocché dalle non dubbie prove che abbiamo testè ricordate apparisce, supremo intendimento dei Frammassoni esser questo: distruggere da capo a fondo tutto l'ordine religioso e sociale, qual fu creato dal Cristianesimo, e pigliando fondamenti e nome dal Naturalismo, rifarlo a loro senno di pianta.
Questo per altro, che abbiamo detto o diremo, va inteso della setta Massonica considerata in se stessa, e in quanto abbraccia la gran famiglia delle affini e collegate società; non già dei singoli suoi seguaci. Nel numero dei quali può ben essere ve ne abbia non pochi, che, sebbene colpevoli per essersi impigliati in congreghe di questa sorta, tuttavia non piglino parte direttamente alle male opere di esse, e ne ignorino altresì lo scopo finale. Così ancora tra le società medesime non tutte forse traggono quelle conseguenze estreme, a cui pure, come a necessarie illazioni dei comuni principi, dovrebbero logicamente venire, se la enormità di certe dottrine non le trattenesse. La condizione altresì dei luoghi e dei tempi fa che taluna di esse non osi quanto vorrebbe od osano le altre. Il che però non le salva dalla complicità con la setta Massonica, la quale più che dalle azioni e dai fatti, vuol esser giudicata dal complesso de' suoi principi.
Ora fondamentale principio dei Naturalisti, come il nome stesso lo dice, egli è la sovranità e il magistero assoluto dell'umana natura e dell'umana ragione. Quindi dei doveri verso Iddio o poco si curano, o mal ne sentono. Negano affatto la divina rivelazione; non ammettono dogmi, non verità superiori all'intelligenza umana, non maestro alcuno, a cui si abbia per l'autorità dell'officio da credere in coscienza. E poiché è privilegio singolare e unicamente proprio della Chiesa cattolica il possedere nella sua pienezza, e conservare nella sua integrità il deposito delle dottrine divinamente rivelate, l'autorità del magistero, e i mezzi soprannaturali dell'eterna salute, somma contro di lei è la rabbia e l'accanimento dei nemici. Si osservi ora il procedere della setta Massonica in fatto di religione, là specialmente dov'è più libera di fare a suo modo, e poi si giudichi, se ella non si mostri esecutrice fedele delle massime dei Naturalisti. Infatti con lungo ed ostinato proposito si procura che nella società non abbia alcuna influenza, né il magistero né l'autorità della Chiesa; e perciò si predica da per tutto e si sostiene la piena separazione della Chiesa dallo Stato. Così si sottraggono leggi e governo alla virtù divinamente salutare della religione cattolica, per conseguenza si vuole ad ogni costo ordinare in tutto e per tutto gli Stati indipendentemente dalle istituzioni e dalle dottrine della Chiesa.
Né basta tener lungi la Chiesa, che pure è guida tanto sicura, ma vi si aggiungono persecuzioni ed offese. Ecco infatti piena licenza di assalire impunemente con la parola, con gli scritti, con l'insegnamento, i fondamenti stessi della cattolica religione: i diritti della Chiesa si manomettono; non si rispettano le divine sue prerogative. Si restringe il più possibile l'azione di lei; e ciò in forza di leggi, in apparenza non troppo violente, ma in sostanza nate fatte per incepparne la libertà. Leggi di odiosa parzialità si sanciscono contro il Clero, cosicché vedesi stremato ogni giorno più e di numero e di mezzi. Vincolati in mille modi e messi in mano allo Stato gli avanzi dei beni ecclesiastici; i sodalizi religiosi aboliti, dispersi.
Ma contro l'Apostolica Sede e il Romano Pontefice arde più accesa la guerra. Prima di tutto egli fu sotto bugiardi pretesti spogliato del Principato civile, propugnacolo della sua libertà e de' suoi diritti; poi fu ridotto ad una condizione iniqua, e per gli infiniti ostacoli intollerabile; finché si è giunti a quest'estremo, che i settari dicono aperto ciò che segretamente e lungamente avevano macchinato fra loro, doversi togliere di mezzo lo stesso spirituale potere dei Pontefici, e fare scomparire dal mondo la divina istituzione del Pontificato. Di che, ove altri argomenti mancassero, prova sufficiente sarebbe la testimonianza di parecchi di loro, che spesse volte in addietro, ed eziandio recentemente dichiararono, essere veramente scopo supremo dei Frammassoni perseguitare con odio implacabile il Cristianesimo, e che essi non si daranno mai pace, finché non vedano a terra tutte le istituzioni religiose fondate dai Papi.
Che se la setta non impone agli affiliati di rinnegare espressamente la fede cattolica, cotesta tolleranza, non che guastare i massonici disegni, li aiuta. Imperocché in primo luogo è questo un modo di ingannar facilmente i semplici e gli incauti, ed un richiamo di proselitismo. Poi con aprir le porte a persone di qualsiasi religione si ottiene il vantaggio di persuadere col fatto il grand'errore moderno dell'indifferentismo religioso e della parità di tutti i culti: via opportunissima per annientare le religioni tutte, e segnatamente la cattolica che, unica vera, non può senz'enorme ingiustizia esser messa in un fascio con le altre.
Ma i Naturalisti vanno più oltre. Messisi audacemente, in cose di massima importanza, per una via totalmente falsa, sia per la debolezza dell'umana natura, sia per giusto giudizio di Dio che punisce l'orgoglio, trascorrono precipitosi agli errori estremi. Così avviene che le stesse verità, che si conoscono pei lume naturale di ragione, quali sono per fermo l'esistenza di Dio, la spiritualità ed immortalità dell'anima umana, non hanno più pei essi consistenza e certezza.
Or negli scogli medesimi va per via non dissimile ad urtare la setta Massonica. L'esistenza di Dio, è vero, i Frammassoni generalmente la professano: ma che questa non sia in ciascun di loro persuasione ferma e giudizio certo, essi stessi ne fan fede. Imperocché non dissimulano, che nella famiglia massonica la questione intorno a Dio è un principio grandissimo di discordia; ed anzi è noto come pur di recente si ebbero tra loro su questo punto gravi contese.
Fatto sta che la setta lascia agl'iniziati libertà grande di sostenere circa Dio la tesi che vogliono, affermandone o negandone la esistenza; e gli audaci negatori vi hanno accesso non men facile di quelli che, a guisa dei Panteisti, ammettono Iddio, ma ne travisano il concetto: ciò che in sostanza riesce a ritenere della divina natura non so quale assurdo simulacro, distruggendone la realtà. Ora abbattuto o scalzato questo supremo fondamento, forza è che vacillino anche molte verità di ordine naturale, come la libera creazione del mondo, il governo universale della provvidenza, l'immortalità dell'anima, la vita futura e sempiterna.
Scomparsi poi questi, come dire, principi di natura, importantissimi per la speculativa e per la pratica, è agevole il vedere che cosa sia per addivenire il pubblico e il privato costume. Non parliamo delle virtù sovrannaturali, che senza special favore e dono di Dio niuno può né esercitare, né conseguire, e delle quali non è possibile che si trovi vestigio in chi superbamente disconosce la redenzione del genere umano, la grazia Celeste, i Sacramenti, l'eterna beatitudine: parliamo dei doveri che procedono dalla onestà naturale. Imperocché Iddio, creatore e provvido reggitore del mondo; la legge eterna, che comanda il rispetto e proibisce la violazione dell'ordine naturale; il fine ultimo degli uomini, posto di gran lunga al di sopra delle create cose, fuori di questa terra; sono queste le sorgenti e i principi della giustizia e della moralità. I quali principi se, come fanno i Naturalisti ed altresì i Frammassoni, si tolgano via, incontanente l'etica naturale non ha più né dove appoggiarsi, né come sostenersi. E per fermo la morale, che sola ammettono i Frammassoni, e che vorrebbero educatrice unica della gioventù, è quella che chiamano civile e indipendente, ossia che prescinde affatto da ogni idea religiosa. Ma quanto sia povera, incerta, e ad ogni soffio di passione variabile cotesta morale, lo dimostrano i dolorosi frutti, che già in parte appariscono. Imperocché ovunque essa ha cominciato a dominare liberamente, dato lo sfratto alla educazione cristiana, la probità e integrità dei costumi scade rapidamente, orrende e mostruose opinioni levan la testa, e l'audacia dei delitti va crescendo in modo spaventoso. Il che si lamenta e deplora da tutti; e spesse volte, sforzati dalla verità, non pochi di quegli stessi l'attestano, che pur tutt'altro vorrebbero.
Oltre a ciò, per essere l'umana natura infetta dalla colpa di origine, e perciò più proclive al vizio che alla virtù, non è possibile vivere onestamente senza mortificare le passioni, e sottomettere alla ragione gli appetiti. In questa pugna è bene spesso necessario disprezzare i beni creati, e sottoporsi a molestie e sacrifici grandissimi, a fine di serbar sempre alla ragione vincitrice il suo impero. Ma i Naturalisti e i Massoni, ripudiando ogni divina rivelazione, negano il peccato originale, e stimano non esser punto affievolito né inclinato al male il libero arbitrio (Conc. Trid. Sess. VI, De justif., c. I.). Anzi esagerando le forze e l'eccellenza della natura, e collocando in lei il principio e la norma unica della giustizia, non sanno pur concepire che, a frenarne i moti e moderarne gli appetiti, ci vogliono sforzi continui e somma costanza. E questa è la ragione, per cui vediamo offerte pubblicamente alle passioni tante attrattive: giornali e periodici senza freno e senza pudore; rappresentazioni teatrali oltre ogni dire disoneste; arti coltivate secondo i principi di uno sfacciato verismo; con raffinate invenzioni promosso il molle e delicato vivere; insomma cercate avidamente tutte le lusinghe capaci di sedurre e addormentare la virtù. Cose altamente riprovevoli, ma pur coerenti ai principi di coloro che tolgono all'uomo la speranza dei beni Celesti, e tutta la felicità fanno consistere nelle cose caduche, avvilendola sino alla terra.
Ed a conferma di ciò che abbiamo detto, può servire un fatto più strano a dirsi, che a credersi. Imperocché gli uomini scaltri ed accorti non trovando anime più docilmente servili di quelle già dome e fiaccate dalla tirannide delle passioni, vi fu nella setta Massonica chi disse aperto e propose, doversi con ogni arte ed accorgimento tirare le moltitudini a satollarsi di licenza: così lesi avrebbero poi docile strumento ad ogni più audace disegno.
Quanto al consorzio domestico, ecco a un dipresso tutta la dottrina dei Naturalisti. Il matrimonio non è altro che un contratto civile; può legittimamente rescindersi a volontà dei contraenti; il potere sul vincolo matrimoniale appartiene allo Stato. Nell'educare i figli non s'imponga religione alcuna: cresciuti in età, ciascuno sia libero di scegliersi quella che più gli aggrada.
Ora questi principi i Frammassoni li accettano senza riserva: e non pure li accettano, ma studiansi da gran tempo di fare in modo, che passino nei costumi e nell'uso della vita. In molti paesi, che pur si professano cattolici, si hanno giuridicamente per nulli i matrimoni non celebrati nella forma civile; altrove le leggi permettono il divorzio; altrove si fa di tutto, perché sia quanto prima permesso. Così si corre di gran passo all'intento di snaturare le nozze, riducendole a mutabili e passeggere unioni, da formarsi e da sciogliersi a talento.
Ad impossessarsi altresì della educazione dei giovanetti mira con unanime e tenace proposito la setta dei Massoni. Comprendono ben essi, che quell'età tenera e flessibile lasciasi figurare e piegare a loro talento, e però non esserci espediente più opportuno di questo per formare allo Stato cittadini tali, quali essi vagheggiano. Quindi nell'opera di educare e istruire i fanciulli non lasciano ai ministri della Chiesa parte alcuna né di direzione, né di vigilanza: e in molti luoghi si è già tanto innanzi, che l'educazione della gioventù è tutta in mano dei laici; e dall'insegnamento morale ogni idea è sbandita di quei grandissimi e santissimi doveri, che l'uomo congiungono a Dio.
Seguono le massime di scienza sociale. Dove i Naturalisti insegnano, che gli uomini hanno tutti gli stessi diritti, e sono di condizione perfettamente eguali; che ogni uomo è, per natura, indipendente; che nessuno ha diritto di comandare agli altri; che volergli uomini sottoposti ad altra autorità, da quella in fuori che emana da loro stessi, è tirannia. Quindi il popolo è sovrano: chi comanda, non aver l'autorità di comandare se non per mandato o concessione del popolo; tantoché a talento di questo egli può, voglia o non voglia, esser deposto. L'origine di tutti i diritti e doveri civili è nel popolo, ovvero nello Stato, che si regga per altro secondo i nuovi principi di libertà. Lo Stato inoltre dev'essere ateo; tra le varie religioni non esservi ragione di dar la preferenza a veruna: doversi fare di tutte lo stesso conto.
Ora che queste massime piacciano ugualmente ai Frammassoni, e che su questo tipo e modello vogliano essi foggiati i governi, è cosa notissima, e che non ha bisogno di prova. Egli è un pezzo, di fatti, che, con quanto hanno di forze e di potere, apertamente lavorano per questo, spianando così la via a quei non pochi più audaci di loro, e più avventati nel male, che vagheggiano l'uguaglianza e comunanza di tutti i beni, fatta scomparire dal mondo ogni distinzione di averi e di condizioni sociali.
Da questi brevi cenni si scorge chiaro abbastanza, che sia e che voglia la setta Massonica. I suoi dogmi ripugnano tanto e con tanta evidenza alla ragione, che nulla può esservi di più perverso. Voler distruggere la religione e la Chiesa fondata da Dio stesso, e da Lui assicurata di vita immortale, voler dopo ben diciotto secoli risuscitare i costumi e le istituzioni del paganesimo, è insigne follia e sfrontatissima empietà. Ne meno orrenda e intollerabile cosa egli è ripudiare i benefizi largiti per Sua bontà da Gesù Cristo non pure agl'individui, ma alle famiglie e agli Stati; benefizi, per giudizio e testimonianza anche di nemici, segnalatissimi. In questo pazzo e feroce proposito pare quasi potersi riconoscere quell'odio implacabile, quella rabbia di vendetta, che contro Gesù Cristo arde nel cuore di Satana.
Similmente l'altra impresa, in cui tanto si travagliano i Massoni, di atterrare i precipui fondamenti della morale, e di farsi complici e cooperatori di chi, a guisa di bruto, vorrebbe lecito ciò che piace, altro non è che sospingere il genere umano alla più abbietta e ignominiosa degradazione.
Ed aggravano il male i pericoli, onde sono minacciati tanto il domestico, quando il civile consorzio. Come di fatti esponemmo altra volta, esiste nel matrimonio, per unanime consenso dei popoli e dei secoli, un carattere sacro e religioso: oltreché per legge divina l'unione coniugale e indissolubile. Or se questa unione si dissacri, se permettasi giuridicamente il divorzio, la confusione e la discordia entreranno per conseguenza inevitabile nel santuario della famiglia, e la donna la sua dignità, i figli perderanno la sicurezza d'ogni loro benessere.
Che poi lo Stato faccia professione di religiosa indifferenza, e nell'ordinare e governare il civile consorzio non si curi di Dio, né più né meno che se Egli non fosse, è sconsigliatezza ignota agli stessi pagani; i quali avevano nella mente e nel cuore così scolpita non pur l'idea di Dio, ma la necessità di un culto pubblico, che giudicavano potersi più facilmente trovare una città senza suolo, che senza Dio. E veramente la società del genere umano, a cui siamo stati fatti da natura, fu istituita da Dio autore della natura medesima, e da Lui deriva come da fonte e principio tutta quella perenne copia di beni senza numero, ond'essa abbonda. Come dunque la voce stessa di natura impone a ciascuno di noi di onorare con religiosa pietà Iddio, perché abbiamo da Lui ricevuto la vita e i beni che l'accompagnano; così per la ragione medesima debbono fare popoli e Stati. Opera perciò non solo ingiusta, ma insipiente ed assurda fanno coloro, che vogliono sciolta da ogni religioso dovere la civil comunanza.
Posto poi che per volere di Dio nascano gli uomini alla società civile, e che il potere sovrano sia vincolo così strettamente necessario alla società stessa, che, dove quello manchi, questa necessariamente si sfascia, ne segue che l'autorità di comandare deriva da quello stesso principio, da cui deriva la società. Ed ecco la ragione, che l'investito di tale autorità, sia chi si voglia, è ministro di Dio. Laonde fin dove è richiesto dal fine e dalla natura dell'umano consorzio, si deve obbedire al giusto comando del potere legittimo, non altrimenti che alla sovranità di Dio reggitore dell'universo: ed è capitalissimo errore il dare al popolo piena balia di scuotere, quando gli piaccia, il giogo dell'obbedienza.
Così ancora chi guardi alla comune origine e natura, al fine ultimo assegnato a ciascuno, ai diritti e ai doveri che ne scaturiscono, non è da dubitare che gli uomini sono tutti uguali fra loro. Ma poiché capacità pari in tutti è impossibile, e per le forze dell'animo e del corpo l'uno differisce dall'altro, e tanta è dei costumi, delle inclinazioni, e delle qualità personali la varietà, egli è assurdissima cosa voler confondere e unificare tutto questo, e recare negli ordini della vita civile una rigorosa ed assoluta uguaglianza. Come la perfetta costituzione del corpo umano risulta dall'unione e compagine di vali membri che, diversi di forma e di uso, ma congiunti insieme e messi ciascuno al suo posto, formano un organismo bello, forte, utilissimo e necessario alla vita; così nello Stato quasi infinita è la varietà degl'individui che lo compongono; i quali, se, parificati tra loro, vivano ognuno a proprio senno, ne uscirà una cittadinanza mostruosamente deforme; laddove, se distinti in armonia di gradi, di offici, di tendenze di arti, bellamente cooperino insieme al bene comune, renderanno immagine d'una cittadinanza ben costituita e conforme a natura.
Del resto i turbolenti errori, che abbiamo accennati, debbono troppo far tremare gli Stati. Imperocché tolto via il timore di Dio e il rispetto delle divine leggi, messa sotto i piedi l'autorità dei Principi, licenziata e legittimata la libidine delle sommosse, sciolto alle passioni popolari ogni freno, mancato, dai castighi in fuori, ogni ritegno, non può non seguirne una rivoluzione e sovversione universale. E questo sovversivo rivolgimento è lo scopo deliberato e l'aperta professione delle numerose associazioni di Comunisti e Socialisti: agli intendimenti dei quali non ha ragione di chiamarsi estranea la setta Massonica, essa che tanto ne favorisce i disegni, ed ha comuni con loro i capitali principi. Che se non si trascorre coi fatti subito e da per tutto alle estreme conseguenze, il merito di ciò deve recarsi, non già alle massime della setta o alla volontà dei settari, ma alla virtù di quella divina religione, che non può essere spenta, e alla parte più sana dell'umano consorzio, che, sdegnando di servire alle società segrete, si oppone con forte petto all'esorbitanza dei loro conati.
E volesse il Cielo, che universalmente dai frutti si giudicasse la radice, e dai mali che ci minacciano, dai pericoli che ci sovrastano si riconoscesse il mal seme! Si ha da fare con un nemico astuto e fraudolento che, blandendo popoli e monarchi, con lusinghiere promesse e con fini adulazioni entrambi ingannò.
Insinuandosi sotto specie di amicizia nel cuore dei Principi, i Frammassoni mirarono ad avere in essi complici ed aiuti potenti per opprimere il Cristianesimo; e a fine di mettere nei loro fianchi sproni più acuti, si diedero a calunniare ostinatamente la Chiesa come nemica del potere e delle prerogative reali. Divenuti con tali arti baldanzosi e sicuri, acquistarono influenza grande nel governo degli Stati, risoluti per altro di crollare le fondamenta dei troni, e di perseguitare, calunniare, discacciare chi tra' sovrani si mostrasse restio a governare a modo loro.
Con arti simili adulando il popolo, lo trassero in inganno. Gridando a piena bocca libertà e prosperità pubblica; facendo credere alle moltitudini che dell'iniqua servitù e miseria, in cui gemevano, tutta della Chiesa e dei sovrani era la colpa, sobillarono il popolo, e lui smanioso di novità aizzarono ai danni dell'uno e dell'altro potere. Vero è bensì che dei vantaggi sperati maggiore è l'aspettazione che la realtà: anzi oppressa più che mai la povera plebe vedesi nelle miserie sue mancare gran parte di quei conforti, che nella società cristianamente costituita avrebbe potuto facilmente e copiosamente trovare. Ma di tutti i superbi, che si ribellano all'ordine stabilito dalla provvidenza divina, questo è il consueto castigo, che donde sconsigliatamente promettevansi fortuna prospera e tutta a seconda dei loro desideri, trovino ivi appunto oppressione e miseria.
Quanto alla Chiesa, se comanda di ubbidire innanzi tutto a Dio supremo Signore di ogni cosa, sarebbe ingiuriosa calunnia crederla perciò nemica del potere de' Principi, od usurpatrice dei loro diritti. Vuole anzi essa, che quanto è dovuto alla potestà civile, lesi renda per dovere di coscienza. Il riconoscere poi da Dio, com'essa fa, il diritto di comandare, aggiunge al potere politico dignità grande, e giova molto a conciliargli il rispetto e l'amore dei sudditi. Amica della pace, autrice della concordia, tutti con affetto materno abbraccia la Chiesa; e intenta unicamente a far bene agli uomini, insegna doversi alla giustizia unir la clemenza, al comando l'equità, alle leggi la moderazione; rispettare ogni diritto, mantenere l'ordine e la tranquillità pubblica, sollevare al possibile privatamente e pubblicamente le indigenze degl'infelici. "Ma - per usare le parole di Sant'Agostino - credono o vogliono far credere che non torna utile alla società la dottrina del Vangelo, perché vogliono che lo Stato posi non sul fondamento stabile delle virtù, ma sull'impunità dei vivi" (Epist. CXXXVII, al. III, ad Volusianum c. v, n. 20). Per le quali cose opera troppo più conforme al senno civile e necessaria al comune benessere sarebbe, che Principi e popoli, in cambio di allearsi coi Frammassoni a danno della Chiesa, si unissero alla Chiesa per respingere gli assalti dei Frammassoni.
In ogni modo, alla vista d'un male sì grave e già troppo diffuso, è debito Nostro, Venerabili Fratelli, applicar l'animo a cercarne i rimedi. E poiché sappiamo che nella virtù della religione divina, tanto più odiata dai Massoni, quanto più temuta, consiste la migliore e più salda speranza di rimedio efficace, a questa virtù sommamente salutare crediamo che prima di tutto sia da ricorrere contro il comune nemico. Tutte queste cose pertanto, che i Romani Pontefici Nostri Antecessori decretarono per attraversare i disegni e render vani gli sforzi della setta Massonica; tutte quelle che sancirono per allontanare o ritrarre i fedeli da così fatte società; tutte e singole Noi con l'Autorità Nostra Apostolica le ratifichiamo e confermiamo. E qui confidando moltissimo nel buon volere dei fedeli, preghiamo e scongiuriamo ciascuno di loro per quanto su questo proposito fu prescritto dall'Apostolica Sede. Preghiamo poi e supplichiamo voi, Venerabili Fratelli, che cooperiate con Noi ad estirpare questo rio veleno, che largamente serpeggia in seno agli Stati. A voi tocca difendere la gloria di Dio e la salvezza delle anime; tenendo, nel combattimento, questi due fini davanti agli occhi, non vi mancherà coraggio né fortezza. Il giudicare quali sieno i più efficaci mezzi da superare gli ostacoli è cosa che spetta alla prudenza vostra.
Pur nondimeno trovando Noi conveniente al Nostro ministero l'additarvi alcuni dei mezzi più opportuni, la prima cosa da farsi si è togliere alla setta Massonica le mentite sembianze, e renderle le sue proprie, ammaestrando con la voce, ed eziandio con Lettere Pastorali, i popoli, quali siano di tali società gli artifizi per blandire ed allettare; quali la perversità delle dottrine e la disonestà delle opere.
Conforme dichiararono più volte i Nostri Predecessori, chiunque ha cara quanto deve la professione cattolica e la propria salute, non si lusinghi mai di poter senza colpa iscriversi, per qualsivoglia ragione, alla setta Massonica. Niuno si lasci illudere alla simulata onestà; imperocché può ben parere a taluno che i Massoni nulla impongano di apertamente contrario alla fede e alla morale: ma essendo essenzialmente malvagio lo scopo e la natura di tali sètte, non può essere lecito di darvi il nome, né di aiutarle in qualsivoglia maniera.
È necessario in secondo luogo con assidui discorsi ed esortazioni mettere nel popolo l'amore e lo zelo dell'istruzione religiosa: e a tal fine molto raccomandiamo, che con ragionamenti opportuni a voce e in iscritto si spieghino i principi fondamentali di quelle santissime verità, nelle quali consiste la cristiana sapienza. Scopo di ciò è guarire con l'istruzione le menti, e premunirle contro le molteplici forme degli errori, e i vari allettamenti dei vizi, massime in questa gran licenza di scrivere ed insaziabile brama di imparare.
Opera faticosa di certo: nella quale tuttavia partecipe e compagno delle fatiche vostre avrete specialmente il clero, se in grazia del vostro zelo sarà ben disciplinato e istruito. Ma causa così bella e di tanta importanza richiede altresì l'industria cooperatrice di quei laici, che all'amore della religione e della patria congiungono probità e dottrina. Con le forze unite di questi due ordini procurate, Venerabili Fratelli, che gli uomini conoscano intimamente ed abbiano cara la Chiesa; perché quanto più crescerà in essi la conoscenza e l'amore di lei, tanto maggiormente saranno aborrite e schivate le società segrete. Egli è per questo che, giovandoCi della presente occasione, torniamo non senza ragione a ricordare la opportunità inculcata altra volta, di promuovere caldamente e proteggere il Terz'Ordine di San Francesco, di cui recentemente con prudente condiscendenza mitigammo la regola. Imperocché, secondo lo spirito della sua istituzione, esso non mira ad altro, che a trarre gli uomini all'imitazione di Gesù Cristo, all'amore della Chiesa, alla pratica di tutte le cristiane virtù: e però tornerà efficacissimo a spegnere il contagio delle sètte malvagie. Cresca dunque di giorno in giorno questo santo sodalizio, da cui, tra molti altri, può anche sperarsi questo prezioso frutto, di ricondurre gli animi alla libertà, alla fraternità, alla uguaglianza: non quali va sognando assurdamente la sètta Massonica, ma quali Gesù Cristo recò al mondo e Francesco nel mondo ravvivò. La libertà diciamo dei Figli di Dio, che affranca dal servaggio di Satana e dalle passioni, tiranni pessimi: la fraternità, che da Dio prende origine, Creatore e Padre di tutti: l'uguaglianza che, fondata sulla giustizia e carità, non distrugge tra gli uomini tutte le differenze, ma dalla varietà della vita, degli offici, delle inclinazioni forma quell'accordo e quasi armonia, voluta da natura a utilità e dignità del civile consorzio.
In terzo luogo esiste un'istituzione, attuata sapientemente dai nostri maggiori, e poi coll'andar del tempo dimessa, la quale può servire ai di nostri come di modello e di forma a qualcosa di simile.
Intendiamo parlare dei Collegi e Corpi di arti e mestieri, destinati, sotto la guida della religione, a tutela degl'interessi e dei costumi. I quali Collegi, se per lungo uso ed esperienza riuscirono di gran vantaggio ai nostri padri, torneranno molto più vantaggiosi all'età nostra, perché opportunissimi a fiaccare la potenza delle sètte. I poveri operai, oltre ad essere per la stessa condizione loro degnissimi sopra tutti di carità e di sollievo, sono in modo particolare esposti alle seduzioni dei fraudolenti e raggiratori. Vanno perciò aiutati con la massima generosità, e invitati alle società buone, affinché non si lascino trascinare nelle malvagie. Per questo motivo Ci sarebbe assai caro che, adattate ai tempi, risorgessero per tutto sotto gli auspici e il patrocinato dei Vescovi a salute del popolo siffatte aggregazioni. E Ci è di grandissimo conforto il vederle fondate già in molti luoghi insieme coi patronati cattolici: due istituzioni, che mirano a giovare la classe onesta dei proletari, a soccorrere e proteggere le loro famiglie, i loro figli, e a mantenere in essi con l'integrità dei costumi l'amore della pietà, e la conoscenza della religione.
E qui non possiamo passare sotto silenzio la Società di San Vincenzo de' Paoli, insigne per lo spettacolo e l'esempio che porge, e si altamente benemerita della povera plebe. Le opere e le intenzioni di cotesta società sono ben note: essa è tutta in sovvenire i bisognosi e i tribolati, prevenendoli amorosamente, e ciò con mirabile sagacia, e con quella modestia, che quanto meno vuol comparire, tanto è più opportuna all'esercizio della carità e al sollevamento delle umane miserie.
In quarto luogo, a conseguir più facilmente l'intento, alla fede e vigilanza vostra raccomandiamo caldissimamente la gioventù, speranza dell'umano consorzio.
Nella buona educazione di essa ponete grandissima parte delle vostre cure, e non vi date mai a credere di aver vigilato e fatto abbastanza, pel tener lontana l'età giovinetta da quelle scuole e da quei maestri donde sia da temere l'alito pestifero delle sètte. Fate che i genitori, i direttori spirituali, i parroci, nell'insegnare la dottrina cristiana, non si stanchino di ammonire opportunamente i figli e gli alunni intorno alla rea natura di tali sètte, anche perché imparino per tempo le varie e subdole arti, solite usarsi dai propagatori di quelle per irretire la gente. Anzi quei che apparecchiano i giovinetti alla prima comunione faranno benissimo, se gl'indurranno a proporre e promettere di non ascriversi, senza saputa dei propri genitori ovvero senza consiglio del parroco o del confessore, a società alcuna.
Ma ben comprendiamo, che le comuni nostre fatiche non sarebbero sufficienti a svellere questa perniciosa semenza dal campo del Signore, se il Celeste padrone della vigna non ci sarà largo a tale effetto del suo generoso soccorso. Convien dunque implorarne il potente aiuto con fervore veemente ed ansioso, pari alla gravità del pericolo e alla grandezza del bisogno. Inorgoglita dei prosperi successi, la Massoneria insolentisce, e pare non voglia più metter limiti alla sua pertinacia. Per un'iniqua lega ed un'occulta unità di propositi da per tutto i seguaci suoi congiunti insieme, si dànno scambievolmente la mano e l'uno rinfocola l'altro a più osare nel male. Assalto sì gagliardo vuole non men gagliarda difesa: vogliam dire che tutti i buoni debbono collegarsi in una vastissima società di azione e di preghiera. Due cose pertanto dimandiamo da loro; da una parte, che unanimi, a schiere serrate, a piè fermo resistano all'impeto ognora crescente, delle sètte; dall'altra, che sollevando con molti gemiti le mani supplichevoli a Dio, implorino a grande istanza, che il Cristianesimo prosperi e cresca vigoroso; che riabbia la Chiesa la necessaria libertà; che i traviati ritornino a salute; che gli errori alla verità, i vizi faccian luogo alla virtù.
Invochiamo a tal fine l'aiuto e la mediazione di Maria Vergine Madre di Dio, affinché contro l'empie sètte, in cui si vedono chiaramente rivivere l'orgoglio contumace, la perfidia indomita, la simulatrice astuzia di Satana, dimostri la potenza sua, essa che trionfò di lui sin dal suo primo concepimento.
Preghiamo altresì San Michele, principe dell'angelica milizia, debellatore del nemico infernale; San Giuseppe, sposo della Vergine Santissima, Celeste e salutare patrono della cattolica Chiesa; i grandi Apostoli Pietro e Paolo, propagatori e difensori invitti della fede cristiana. Per il patrocinio di essi e per la perseveranza delle comuni preghiere confidiamo, che Iddio si degnerà di sovvenire pietosamente ai bisogni della umana società, minacciata da tanti pericoli.
A pegno poi delle grazie Celesti e della benevolenza Nostra impartiamo con grande affetto a voi, Venerabili Fratelli, al clero e a tutto il popolo commesso alle vostre cure l'Apostolica Benedizione.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 20 Aprile 1884, anno VII del Nostro Pontificato.
LEONE PP. XIII

Dove va adesso la FSSPX? Deve continuare lungo il percorso tracciato dal suo Fondatore, cioè ferma resistenza nei confronti degli apostati (quanto meno oggettivi) di Roma, facendo conoscere il più ampiamente possibile la diagnosi dell'Arcivescovo sui problemi altrimenti insolubili della Chiesa e del mondo...



Commenti settimanali di
di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X
2 aprile 2011

E adesso dove andiamo?

Se, come sembra essere il caso, i colloqui dottrinali di quest'ultimo anno e mezzo fra Roma e la FSSPX non hanno convinto né Roma a convertirsi né la Fraternità  a tradire, ecco che sorge la domanda: verso dove andiamo adesso? Sicuramente la crisi del Vaticano II ha dimostrato se non altro la necessità  per i cattolici di riflettere un po' su una domanda del genere, non limitandosi semplicemente a seguire ciecamente i loro capi -  non è forse vero, infatti, che milioni di cattolici continuano ad essere condotti morbidamente all'apostasia?
È per questo che un francese battagliero pone ai vescovi della Fraternità una triplice domanda, certo abbastanza seria da meritare una risposta (le sue domande sono qui abbreviate e adattate): - 
 
Secondo Lei, il recente annuncio di Assisi III, in solenne commemorazione dell'incontro ecumenico fra le diverse religioni voluto da Giovanni Paolo II ad Assisi 25 anni fa, aggiunge qualcosa di nuovo a quanto già sappiamo del percorso ecumenico seguito da Benedetto XVI?
Risposta: È una prova in più che la direzione della Chiesa a Roma è intenta a perseverare lungo il percorso disastroso del riconoscimento cattolico ufficiale di ogni sorta di falsa religione. L'Arcivescovo Lefebvre una volta ha detto: “Non credo che possiamo dire che Roma non abbia perso la fede”. 
 
Secondo Lei, questo annuncio conforta o smentisce l'opportunità  dei colloqui dottrinali in corso fra Roma e la FSSPX?
Risposta: Esso prova sicuramente l'opportunità che essi si concludano. Mentre si sono svolti hanno prodotto dei vantaggi collaterali, bene elencati dal Vescovo de Galarreta (vedi CE 156 del 10 luglio 2010). Tuttavia, il solo fatto che si siano svolti ha anche prodotto lo svantaggio di suscitare tra le anime sia delle false speranze sia delle vere paure per una pseudo riconciliazione tra posizioni dottrinali che in realtà sono assolutamente inconciliabili. L'annuncio di Assisi III ha contribuito a porre fine a tali speranze e paure, almeno per il momento - si badi, i sognatori si aggrappano sempre ai loro sogni! 
 
Come Assisi I fu un importante incentivo che indusse l'Arcivescovo Lefebvre a consacrare quattro vescovi nel 1988, l'annuncio di Assisi III dovrebbe incoraggiare la FSSPX a consacrare altri vescovi?
Risposta: il Superiore Generale della FSSPX ha risposto a questa domanda due mesi fa in America. Egli ha detto che se si ripetessero le circostanze che nel 1988 spinsero l'Arcivescovo alla consacrazione, vi sarebbero altri vescovi. La domanda allora diventa: le circostanze di Assisi III ricalcano quelle di Assisi I? Si può solo rispondere che le opinioni sono diverse. Molti cattolici seri pensano che le circostanze siano peggiorate, ma questa non è necessariamente l'opinione di Mons. Fellay, che come Superiore Generale è responsabile di una decisione così importante per la FSSPX. 
 
Torniamo allora alla domanda iniziale: dove va adesso la FSSPX?
La risposta è chiara. Deve continuare lungo il percorso tracciato dal suo Fondatore, cioè  ferma resistenza nei confronti degli apostati (quanto meno oggettivi) di Roma, facendo conoscere il più ampiamente possibile la diagnosi dell'Arcivescovo sui problemi altrimenti insolubili della Chiesa e del mondo.
La soluzione consiste semplicemente nel mantenere la vita cattolica in conformità con la dottrina cattolica preconciliare e con la morale di sempre, a maggior gloria di Dio e per la salvezza di quante più anime è possibile. 
 
Kyrie eleison

Londra, Inghilterra

martedì 5 aprile 2011

Benvenuti!

Questo è il mio primo post,spero di una lunga serie di interventi tutti volti a conoscervi e a farmi conoscere.
Così.Per quello che siamo.Con le nostre aspirazioni,con le nostre vite,con i nostri pregi e con tutti i nostri bellissimi difetti .!!
Sono un cattolico.
Voi penserete,un cattolico duro e puro che sta ritto in chiesa e che da incoerente giudica tutto e tuttti.No! non sono un bigotto, ma uno dei tanti battezzati che si pone tante domande e che cerca con l'ausilio della fede di darsi delle risposte.Ho iniziato un percorso di conversione che mi sta dando tanto e che mi sta portando a vivere troppo bene.   Benvenuti!!

lunedì 4 aprile 2011

BELLISSIMA CANZONEEE
CARI RAGAZZI,ADULTI,ANZIANI.. SONO UNO COME VOI,MA CHE HA IMPARATO A RIFLETTERE SU DIO SU GESù SUI SACRAMENTI.HO INIZIATO UN PROCESSO CI CONVERSIONE E SONO QUI PER CONOSCERCI AL FINE DI CRESCERE E NELLO STESSO TEMPO DARE VOI UNA TESTIMONIANZA DI FEDE!

mistero divino

Il mistero dell'eucarestia.Mistero divino,mistero di fede.Il corpo di Cristo che muta con l'intercessione del Santo Spirito e il vino ,sangue di Cristo .Essi ,sintesi di Dio,sintesi di salvessa,pienezza di amore,pienezza di fede,pienezza di santità.Una sola cosa ,il corpo e il sangue di Cristo che durante il sacrificio della messa vengono assunti in noi .E' il momento più alto della vita di un laico,è il sacro momento di contatto con Dio Uno e Trino.Vivere senza Cristo è come vivere senza spirito,senza anima e senza linfa.Grazie a Te nostro signore no viviamo.Ti amiamo e ti rendiamo somma grazia .Grazie di avermi messo in vita!

extra ecclesia nulla salus!!!

fuori dalla chiesa non c'è salvezza.Essa è il Corpo Mistico di Cristo è nostra madre di ogni atto di fede .Noi la chiesa la difendiamo sempre !!!con la testa ,con il cuore con la preparazione e soprattutto con la fede. Che ne pensi?

Bellissima canzone

E' splendida questa canzone ascoltatela perchè è veramente coinvolgente

Lunedì 4 Aprile

Buongiorno
oggi inizia una nuova settimana.
Tra pochi giorni ci sarà la pasqua e questo momento ,quindi,è vissuto da ogni cattolico come un momento molto intenso.Questo periodo infatti vive di particolare profondità e spiritualità.Noi tutti che ci affacciamo alla fede e al mistero dell'Altissimo sentiamo un pò più nella nostra carne e un pò nel quotidiano la paura e la sofferenza per la crocifissione di Gesù nostro signore,è il periodo più fecondo di fede e di misticismo.
E' proprio per questo motivo che non riesco a capire le tensioni che si vivono nel nostro mondo cattolico.Proprio nel momento in cui Gesù vive i suoi ultimi giorni di vita e ci si prepara al grande mistero della Passione,della morte e della Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo, che ci scanniamo come cani rabbiosi.Sembra che non capiamo che esistono problemi di serie A e problemi di serie B;sembra che questa eterna confusione vogla attanagliare la nostra identità cristiana e voglia distruggere certezze per alimentare caos.E' proprio per questo che ho imparato a pensare alla fede più che ai problemi religiosi,teologici e storici;ma essi sono importantissimi e vorrei discuterne con voi.....buona giornata